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Amarsi di cuore: la storia di Giacomo e Irene

Si stima che ci siano circa 8 persone su 1000 ad avere una cardiopatia congenita.
Quindi, sono circa 5mila i bambini e le bambine che, ogni anno, nascono affetti da una cardiopatia congenita in Italia.

Giacomo è uno dei bambini che è nato con il cuore malato, nel 2000.
Irene è una delle bambine che, fuori dalla casistica, è nata con il cuore sano, nel 2001.

Molti anni dopo, in un giorno qualunque, quei due cuori – che mai si erano visti – hanno iniziato a battere all’unisono.
In una mattina qualunque, sul pullman che tutti i giorni portava i ragazzi a scuola, Giacomo e Irene si sono visti: il cuore malato di Giacomo ha iniziato a battere insieme al cuore sano di Irene perché – si sa – l’amore non guarda le malattie del cuore.

Da quel momento sono passati 6 anni, una lunga degenza in ospedale e un intervento al cuore. Giacomo e Irene, ancora insieme, e più forti di prima, raccontano la loro storia di cuore.

«Ho sempre convissuto con il mio cuore malato – racconta Giacomo -: appena nato mi hanno diagnosticato la sindrome della scimitarra, un raro difetto cardiopolmonare. Vivevo in modo normale, facevo sport, correvo, ero tale e quale i miei amici (con il cuore sano, per intenderci).
Poi, dopo soli 3 mesi che ho conosciuto Irene, il Dottor Gigi Festa mi ha detto che avrei dovuto subire un’operazione al cuore.
E’ stato un duro colpo: per me, la mia famiglia, e Irene. Ci siamo rimboccati le maniche e l’abbiamo affrontata, anche se ognuno a modo proprio».

Giacomo e Irene

Nascere con una cardiopatia congenita significa avere una malformazione al cuore, e avere bisogno – per tutta la vita – di cure.

La “sindrome della scimitarra” è una rara forma di cardiopatia congenita: addirittura, la stima è tra 1/100.000 e 1/33.333 nati. Deve il suo nome alla somiglianza della vena polmonare (anomala) alla forma di una scimitarra (l’arma da taglio con la lama ricurva).
La vena polmonare inferiore destra drena nella vena cava inferiore e non, come invece dovrebbe fare, nell’atrio sinistro. Quindi, il sangue ossigenato di ritorno dai polmoni finisce nel lato destro del cuore, per poi essere reimmesso nel circolo polmonare, con una drastica riduzione di efficienza del sistema cardiopolmonare.

Monasterio è un centro di alta specialità che si prende cura del cuore di tutti per l’intero ciclo di vita: dal feto fino al grande anziano. I nostri pazienti non vengono mai lasciati soli, creando quel rapporto di reciproco affetto e fiducia che è essenziale durante il percorso di cura, come è accaduto anche a Giacomo.

«All’inizio – continua Giacomo -, scherzavo sull’operazione, sul taglio, sulla cicatrice. Poi è intervenuta la paura. Il giorno prima dell’operazione ho pianto tanto».

«Dal primo giorno ho saputo del suo cuore – interviene Irene. Era come una spada di Damocle, lì sopra le nostre teste e, in pochissimo tempo, da sopra le nostre teste è arrivato davanti a noi: un grande mostro.
Abbiamo avuto paura, io stessa ho sofferto d’ansia, e ancora oggi mi capita di soffrire, ripensando a quei momenti di 5 anni fa».

Nel febbraio del 2018, il mese dell’operazione, Giacomo e Irene erano due ragazzini di 16 e 17 anni. Invece di camminare tenendosi per mano, quelle mani se le stringevano all’interno di un Ospedale. Invece di conoscersi lentamente, si sono raccontati in poco tempo. Invece di sognare il futuro nel modo irrazionale, esagerato e assurdo che è tipico dell’adolescenza, hanno disegnato il proprio futuro con razionalità, moderazione e pragmatismo. Sono cresciuti improvvisamente, affrontando questo grande – grandissimo – problema che la vita gli ha messo di fronte.

«Siamo ancora qua, e continuiamo a mantenere le promesse che ci siamo fatti il 4 febbraio del 2018, il giorno prima del suo intervento – racconta Irene -: ad esempio, avevamo deciso che avremmo preso un cane, appena ne avessimo avuto l’opportunità, e lo abbiamo fatto. Così come la prima vacanza dopo la dimissione, e anche le più piccole avventure che avremmo voluto vivere insieme. Non ci stiamo perdendo nulla».

Giacomo è stato operato dal Dottor Vitali Pak.
Ricoverato il 12 gennaio, ha subìto un’operazione al cuore il 5 febbraio: da quel momento, il suo cuore è completamente guarito.
A fine aprile è tornato a scuola, dal mese successivo ha ripreso a giocare a calcio con gli amici, andare a sciare con il padre.
E provare emozioni senza paura, amare con il cuore che batte forte.

Giacomo e Irene - zoom

Porto la mia cicatrice come un segno particolare del mio corpo, una specialità. All’inizio mi vergognavo, adesso racconto la mia storia con orgoglio, sfoggio volentieri il mio petto, sorrido sempre: alla vita, all’amore, al mio cuore che era malato

Giacomo

Giacomo è un ragazzo che, come altri, ha il cuore forte e le spalle larghe.

La panchina che è stata installata all’ingresso dell’Ospedale del Cuore è per tutti coloro che hanno il cuore malato, e per tutti coloro che amano.

Il 14 febbraio è il giorno del cuore, di tutti i cuori. Lo ha deciso il Presidente del Consiglio dei Ministri, con Decreto Presidenziale, nel 2019. La Gazzetta Ufficiale così riporta: «È indetta la “Giornata nazionale sulle cardiopatie congenite” per il giorno 14 febbraio di ogni anno. In tale giornata, promuoviamo l’attenzione e l’informazione sul tema delle malformazioni cardiache congenite».

Le cardiopatie congenite sono un gruppo di malformazioni cardiovascolari presenti alla nascita. I pazienti avranno sempre bisogno di cure specialistiche e controlli frequenti durante l’arco dell’intera vita. Si tratta di una popolazione in continuo aumento, che al giorno d’oggi ha una aspettativa di vita molto più lunga rispetto al passato. Fino agli anni ’70, le loro vite erano destinate a spezzarsi presto, poiché non esistevano tecniche chirurgiche che fossero in grado curare i piccoli cuori affetti da malformazioni di vario tipo.
Monasterio cresce ogni giorno, per provare a fare la differenza nella vita e per il cuore di tutti.

Giacomo e Irene - panchina gigante

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