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La storia della piccola Ines: dal pancione della mamma alla barca di papà

È il 1987, una futura mamma entra in uno degli ambulatori dell’Opa, il progenitore dell’Ospedale del Cuore: è un giorno speciale, il giorno della prima ecocardiografia fetale. Un macchinario d’avanguardia, una sonda pesante, ore ed ore per studiare il cuore di un piccolo nel grembo materno. Una rivoluzione per la diagnosi prenatale.

È l’estate del 2022 e negli ambulatori dell’Ospedale del Cuore entra Margot. Le ginecologhe hanno notato qualcosa di irregolare nel battito della sua piccola Ines, ancora nel pancione.

LA  SQUADRA DEL CUORE DI INES E MARGOT

Trentacinque anni separano quelle due mamme. Trentacinque anni di ricerca e innovazione e un progetto coraggioso, quello dell’Area Nascita Integrata dell’Ospedale del Cuore: Azienda Sanitaria Toscana Nord Ovest, Fondazione Monasterio, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana e Università di Pisa insieme per la diagnosi prenatale delle cardiopatie, per consentire il parto in sicurezza alle mamme cardiopatiche, per la nascita di neonati con cardiopatie congenite. Un percorso virtuoso. In cui entrano anche Margot e la sua piccola Ines.

Il cuore di Ines segna il ritmo regolare fino alla 25esima settimana, poi rallenta: “Sono affetta da una malattia autoimmune _ spiega la mamma _ e gli anticorpi prodotti dal mio organismo sono riusciti a superare la placenta e a segnare il cuore della bimba”. Non un problema di conformazione, quindi ma un’importante alterazione del ritmo.

IL MOMENTO CHE HA CAMBIATO LA  STORIA DI INES

Margot arriva all’Ospedale del Cuore e una grande squadra di professionisti si mette in moto. La mamma incontra la dottoressa Sabrina Costa, dell’unità operativa di cardiologia pediatrica e del congenito adulto e la dottoressa Veronica Consigli, dell’unità operativa di neonatologia e pediatria cardiovascolare. Inizia un percorso condiviso tra Ospedale del Cuore e Azienda universitaria pisana: Margot viene ricoverata più volte e il battito di Ines è costantemente monitorato. Se la frequenza si abbassa troppo, i rischi per il feto aumentano, ma portare avanti la gravidanza è fondamentale perché se la nascita arriva ad un’epoca gestazionale più avanzata, le possibilità di affrontare positivamente un intervento chirurgico aumentano.

“Quando Margot è arrivata all’Ospedale del Cuore _ ricostruisce la dottoressa Costa _ era a 25 settimane e 5 giorni di gestazione. La frequenza cardiaca della piccola Ines era di 60 a fronte di una frequenza media nei feti di 120 battiti”.

Alla 35esima settimana, il 5 agosto, alle 20.07 Ines si affaccia alla vita: pesa solo 1.930 grammi, ha una frequenza cardiaca sotto i 50. E un coraggio da leonessa. “Ines si è adattata bene alla vita extrauterina _ racconta la dottoressa Consigli _ è stata immediatamente stabilizzata e poco dopo operata”. Intorno a lei una equipe di ginecologi, neonatologi, pediatri, rianimatori: la bimba viene intubata e stabilizzata. Pochi minuti dopo le 21 è in sala operatoria, affidata alle mani del dottor Vitali Pak, direttore dell’unità operativa di cardiochirurgia pediatrica e del congenito adulto. Ines è troppo piccina per un pacemaker definitivo: le vengono impiantati elettrodi esterni, in attesa che raggiunga i 3 chilogrammi di peso: “Per la pila necessaria al funzionamento del pacemaker, Ines era troppo piccola _ spiega il dottor Pak – per questo è stato necessario impiantare gli elettrodi e attendere che la bambina raggiungesse i 3 chilogrammi per il pacemaker definitivo”.

Due mesi di attesa, affidata, insieme alla mamma, alle cure della degenza pediatrica diretta dalla dottoressa Nadia Assanta. Poi il 7 ottobre, quando la soglia dei 3 chilogrammi è superata, l’intervento per l’impianto del pacemaker. Un grandissimo risultato di squadra: Margot ed Ines stanno bene.

Pochi giorni dopo l’intervento tornano a casa.

“Il 7 ottobre è stata _ confida la mamma _ una seconda nascita. Per noi l’ospedale del Cuore rappresenta la salvezza. La dottoressa Costa è, e sempre rimarrà, la prima zia di Ines. Ringrazio lei e tutto il personale, le infermiere che per prime hanno abbracciato mia figlia, l’hanno coccolata e accarezzata. Senza la loro carica umana, non sarebbe stato lo stesso percorso”.

 

La ricerca, un team multidisciplinare, un’Area Nascita gestita da Monasterio e Azienda Sanitaria Toscana Nord Ovest e la grande passione di chi ci lavora: medici, infermieri, ostetriche e oss. Tutti insieme per i piccoli pazienti. E per Ines: la piccola sta bene, si gode le prime pappe e scalcia in braccio a mamma e papà. Babbo Giacomo, durante i mesi di ricovero, le ha costruito una culla a forma di barca.Per rimanere sempre a galla e prendere il largo. L’Ospedale del Cuore rimarrà il suo approdo sicuro.

 

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