La storia di una bambina dal sorriso contagioso, la risata armonica, gli occhi luminosi e l’anima dai mille colori.

La storia di una bambina con il cuore a metà, ma infinito amore da donare.

Raie è nata in Eritrea, e la sua strada – quando aveva appena 1 anno e 8 mesi – si è incrociata con quella di una équipe della Fondazione Monasterio, in missione sanitaria.

Raie è nata con una grave cardiopatia congenita: una parte del suo piccolo cuore non si è mai sviluppata.
Si tratta della atresia della tricuspide: significa che la valvola tricuspide non si è mai sviluppata, ed al suo posto c’è del tessuto fibroso che la chiude, impedendo il passaggio del sangue povero di ossigeno dall’atrio destro al ventricolo destro. Di conseguenza, il ventricolo destro rimane più piccolo (ipoplasico).

Il cuore, dunque, è come se fosse a metà.

La piccola Raie

«Sono rimasta stregata da quella bimba e dalla sua mamma – racconta la Dottoressa Nadia Assanta, Cardiologo Pediatra della Monasterio che ha sempre seguito, e ancora continua a seguire, Raie. La signora si è precipitata da noi con la bambina in braccio: stava molto male, quasi soffocava. Ciò che mi ha colpito è stato vedere questa mamma, all’apparenza una bella signora e ben vestita, precipitarsi in ospedale con la figlia in braccio. Aveva capito che qualcosa non andava, ed era qualcosa in qualche modo legato al suo cuore e all’intervento che aveva fatto in precedenza.
Aveva capito che aveva bisogno di noi».

Era il 2017, e in Eritrea l’équipe della Monasterio interveniva nell’ambito di un progetto di cooperazione internazionale che vede coinvolti diversi centri, che si alternano ad Asmara per dare continuità alle attività dell’Ospedale eritreo.
Il personale sanitario di molti Ospedali, infatti, si reca in Eritrea – così come in molti altri Paesi del mondo – per portare la propria strumentazione e professionalità, al fine di migliorare la risposta di cura in quei luoghi.

La Fondazione Monasterio, che vanta un lungo passato nella cooperazione sanitaria internazionale, esplica una parte della propria attività nell’effettuare – da un lato – periodiche missioni sanitarie (nella struttura estera individuata), con screening, interventi di cardiologia interventistica e chirurgica, e – dall’altro – l’accoglienza dei pazienti pediatrici (presso l’Ospedale del Cuore) per il ricovero e gli interventi di cardiochirurgia localmente non realizzabili.

Raie aveva subìto – dal team precedente a quello della Monasterio – l’intervento di Glenn: un’operazione che crea una connessione tra la vena cava superiore e l’arteria polmonare di destra. Si tratta del primo stadio della palliazione, necessaria per la situazione della piccola, che giunge, poi, all’intervento di Fontan: le operazioni, insieme, fanno sì che i cuori che sono parzialmente sviluppati, come quello di Raie, possano poi lavorare come dei cuori normali – o quasi.

Ma pochi giorni dopo la dimissione a casa, la bambina sta male. La madre si precipita in Ospedale, correndo e tenendo in braccio quel piccolo fagottino con il cuore a pezzi ed il respiro corto.
Anche lei, come sua figlia, ha il cuore a pezzi ed il respiro affannoso, che si calmano solo dopo aver affidato la piccola Raie alle cure della Dottoressa Nadia Assanta e del resto dell’équipe.
La bimba, in una situazione di scompenso, aveva molto liquido intorno al cuore e ai polmoni: il chilotorace (questo il nome tecnico) è – purtroppo – una delle complicanze della Glenn.
Il personale sanitario, d’urgenza, mette dei drenaggi per togliere l’eccesso di liquido e ricovera la bambina, per tutto il tempo di permanenza della squadra in Eritrea: i professionisti, a turno, controllavano la bambina, senza mai perderla di vista. Fino alla dimissione, al momento della partenza.

Raie in Ospedale in Eritrea

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Un legame che non si spezza, quello fra l’Ospedale del Cuore di Massa con mamma e figlia: un contatto – a distanza – continuo, fatto di email, messaggi e telefonate, controlli periodici con la Cardiologa del posto, visite ed esami da parte del personale della Monasterio, in occasione di ogni missione sanitaria in Eritrea.

La Fondazione Monasterio può vantare molteplici attività e progetti condotti nell’ambito della cooperazione sanitaria internazionale: questo, grazie a una ormai radicata sensibilità collettiva del personale che, a vario titolo, viene coinvolto in tali iniziative.
Una lunga tradizione della Fondazione Monasterio nella Cooperazione Sanitaria Internazionale, che si esplica in diversi progetti e numerose attività.
Nel tempo, molti Centri di Cardiochirurgia sono stati creati o consolidati con professionisti formati a Massa – da Pechino, a Sarajevo, a Tirana e Gomel, fino a Tripoli. Proprio all’Ospedale del Cuore, grazie alla collaborazione con l’International Heart School di Bergamo e la Scuola Superiore “S. Anna”, è stato organizzato presso l’Ospedale del Cuore il Master Internazionale in Cardiologia, Cardiochirurgia e Cardio-Anestesia, che ha visto partecipare decine e decine di medici provenienti da tutto il mondo per apprendere tecniche altamente specialistiche da attuare poi, ove possibile, nei propri Paesi.
Oltre alla formazione del personale sanitario, la Monasterio ha realizzato un sistema di tele-consulto per consulenze nella diagnosi, supporto nelle attività di follow-up di pazienti lontani.
Ancora, accoglienza presso l’Ospedale del Cuore dei pazienti pediatrici per il ricovero e gli interventi di cardiochirurgia localmente non realizzabili, e missioni sanitarie.
La Monasterio, forte della tradizione e della esperienza nella Cooperazione Sanitaria Internazionale, e stante l’eccellenza raggiunta nella cura delle patologie cardiache in ambito pediatrico ed adulto, è diventata un riferimento nel panorama delle attività sanitarie di cooperazione, non solo a livello regionale.

E infatti, passano degli anni (pochi), e Raie ha nuovamente bisogno di un’operazione al suo cuore univentricolare: l’intervento di Fontan, il secondo passo necessario per la sua grave cardiopatia. Un intervento ad alto rischio e con una gestione post operatoria molto complessa, e che – certamente – non avrebbe potuto sostenere nel suo Paese.
L’operazione consiste nel creare una connessione tra la vena cava inferiore e l’arteria polmonare di destra, frapponendo fra essi un condotto (condotto di Gore-Tex). In questo modo, tutto il sangue delle vene cave, adesso correttamente ossigenato, viene portato ai polmoni, eliminando i problemi legati alla respirazione ed escludendo il ventricolo destro dalla circolazione polmonare.

Dopo aver ottenuto il visto per il viaggio, a fine ottobre 2021 Raie arriva all’Ospedale del Cuore tenendo la mano alla sua mamma.
Si stabiliscono, insieme, per il tempo dei necessari esami pre operatori, in una delle case di accoglienza, nei dintorni dell’Ospedale stesso e gestite dall’Associazione “Un cuore, un mondo”.
Raie ha 5 anni, un lungo viaggio sulle spalle e un’operazione – lunga e complicata – da affrontare (la Fontan, appunto).

Mamma e figlia sopportano tutto questo da sole. Non conoscono l’italiano, hanno paura. Il sorriso di Raie si spegne a poco a poco, dopo l’intervento.
Durante il periodo post operatorio, senza alcuna complicanza e una ripresa molto rapida, la piccola si apre e ricomincia a sorridere. Mamma e figlia, forti come guerriere, si fanno forza, giocano, parlano, colorano e disegnano. Raie non abbandona mai la sua bambola, che rappresenta una dottoressa. È la raffigurazione della Dottoressa del suo cuore: la “Dottoressa Nadia”.

«La signora, fin dal suo primo passo all’interno del nostro Ospedale, vedendomi, si è sentita a casa – spiega Assanta. La bambina non poteva ricordarmi, perché in Eritrea, quando ci siamo conosciute, era davvero piccola e stava molto male. Ma la mamma, nel corso degli anni, le ricordava della sua Dottoressa Nadia: sapeva che Raie avrebbe avuto bisogno di un altro intervento, e ha fatto di tutto per venire a Massa, all’Ospedale del Cuore».

Raie con la Dottoressa Assanta

Cosa possiamo aspettarci dal futuro di Raie?

L’intervento di Fontan permette di fare una vita abbastanza normale per molti anni. La sua cardiopatia di base è fra quelle che meglio tollerano questa palliazione: l’augurio, è che possa stare a lungo con questa situazione, che sappiamo non essere definitiva, poiché nel corso degli anni – si spera decenni – potrebbe avere dei sintomi di qualcosa che non funziona più, in questo circuito artificiale che le è stato creato.

«Fra noi e lei si è creato, fin da subito, un legame di stima e di affetto reciproco che è andato avanti nel corso del tempo, facendo sì che si concludesse nel migliore dei modi, con l’intervento conclusivo di Raie. Siamo rimaste in contatto, e vedo crescere quella bellissima bambina nata con il cuore a metà».

Nadia Assanta

Cardiologo Pediatra, Fondazione Monasterio

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