Pubblicato sull’Infermiere Online il lavoro dell’Unità Operativa di Elettrofisiologia dell’Ospedale San Cataldo-Cnr di Pisa sul monitoraggio remoto dei dispositivi impiantabili, attivo in Monasterio dal 2014. A presentare il progetto  le dottoresse Maria Filomena Speltri, Tiziana Perrotta, Silvia Nassi, Stefania Baratta  e Maria Beatrice Levantesi e i dottori Luca Panchetti e Marco Vasselli.

Tutti i dispositivi in monitoraggio remoto, come  pacemaker e defibrillatori  -questa la premessa – prevedono che il paziente abbia in dotazione un monitor/trasmettitore che raccoglie i dati, quindi , attraverso la rete telefonica fissa o mobile, li trasmette ad un server che a sua volta li decripta e rende disponibili su un sito web. A quel sito, tramite una login, accede il personale sanitario. Il paziente, compilando l’apposita modulistica, consente all’infermiere dedicato di accedere ai dati e si impegna a  garantire il collegamento del trasmettitore alla rete elettrica, avvisando in caso di scorretto funzionamento.
L’operatore referente accerta la regolarità nel flusso delle trasmissioni, controlla i dati trasmessi dai dispositivi ed esegue uno screening preliminare individuando i casi più delicati  o critici da sottoporre alla valutazione del medico.
L’attività di  monitoraggio remoto nasce in Monasterio con  l’obiettivo primario di assicurare ai pazienti equità, continuità e sicurezza delle cure potenziando l’assistenza personalizzata e il processo decisionale condiviso. La sorveglianza da remoto – si spiega  nello studio pubblicato sull’Infermiere Online – migliora significativamente la prognosi dei pazienti e la gestione clinica, senza compromettere la  sicurezza, ma riducendo  i costi e i tempi, rispetto al tradizionale controllo in ambulatorio che deve comunque avvenire almeno una volta all’anno, come raccomandato dalle linee guida internazionali.

Negli anni, in Monasterio, il numero di pazienti con dispositivo sottoposto a monitoraggio remoto è notevolmente aumentato passando dai 250 del 2014 ai 1810 attuali. L’aderenza dei pazienti al progetto è pari al 100% e solo una minoranza (meno del 5%), a distanza di circa  6 mesi, ne sospende l’adesione.
Gli autori dello studio concludono spiegando che la sorveglianza da remoto è una necessità clinica e sociale non più eludibile e che il  tele-monitoraggio offre un modello di community-care impostato sul coordinamento e l’integrazione  ospedale-territorio tale da garantire una gestione integrata continuativa del paziente. Per i prossimi  anni Monasterio si impegna a rafforzare la rete tra i  professionisti del team per il monitoraggio e gli specialisti clinici, garantendo al personale preposto al controllo dei dati un sempre miglior accesso alle piattaforme  e un sempre più agevole sistema di  archiviazione dati sulle piattaforme dedicate. 

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