Caterina Arvia

Diventare medico era uno dei sogni della mia infanzia, insieme a quello di ballerina di danza classica e di pianista.
Ho realizzato il primo: per me fare il medico significava curare i bambini e tutte le persone bisognose in qualche sperduta area del mondo, comprendere il dolore altrui e cercare di dare sollievo e cura. L’idea di lavorare in Monasterio è nata già durante gli anni di specializzazione, quando bazzicavo gli ambulatori di Fisiologia Clinica per approfondire le conoscenze sulla patologia tiroidea.
Ero innamorata di questa struttura, e dell’idea che si facesse ricerca applicata alla clinica, in continua sinergia con figure diverse: ingegneri, fisici, statistici, informatici, biologi… Il mio sogno di lavorare in Fondazione Monasterio si è poi realizzato dopo il mio ruolo in Medicina Interna, esperienza che ha rafforzato in me il concetto che l’uomo deve rimanere costantemente al centro del lavoro del medico.
Posso quindi dire che alla fine ho davvero realizzato il mio sogno primordiale di prendermi cura di chi ha bisogno, e non necessariamente vagando per mari sconosciuti e lontani, perché in qualsiasi parte della Terra chi cerca il medico ha sempre bisogno di aiuto, in primis di ascolto, ed è da lì che parte il mio viaggio per la cura del paziente.
Mi è rimasta la passione per il pianoforte e la danza, chissà… mai dire mai!